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THE SICK ROSE

THEATRE

  • YEAR:

    2015

  • CONCEPT:

    Azzurra De Gregorio

  • PHOTO:

    Cosimo Paiano/Civico 32

 

Scritto e diretto da/Written and directed by Azzurra De Gregorio
Scene/Set design Michelangelo Tomaro
Costumi/Costume design Marina Miozza
Sound design Rosa Della Sala
Con/With Giulio Maroncelli, Giandomenico Sale, Carmine Scotto
Produzione/Production Vanitas Vanitatum
In collaborazione con/in collaboration with Frentania Teatri
O Rose thou art sick.
The invisible worm,
That flies in the night
In the howling storm:

Has found out thy bed
Of crimson joy:
And his dark secret love
Does thy life destroy
William Blake

NOTE DI REGIA
Viviamo in corpi disinfettati, sterilizzati, deodorati, anestetizzati.
Ogni giorno, o più volte al giorno, ci sottoponiamo a pratiche volte a neutralizzare odori che le nostre ghiandole secernono naturalmente ma che, per noi uomini contemporanei, sono diventati disgustosi e nauseabondi. Ogni giorno ci proteggiamo dal ‘contagio’ del mondo esterno assumendo comportamenti e sostanze in grado di preservare la nostra integrità fisica e riducendo al minimo i contatti con corpi estranei.
Sebbene i vaccini ci promettano beate immunità e gli antidolorifici ci disabituino alla sofferenza, i nostri corpi sono ancora fragili e complessi organismi che combattono incessantemente contro la malattia, la sporcizia, la decomposizione, la morte.
Poiché, come affermava M. Foucault,“le discipline del corpo e le regolazioni della popolazione costituiscono i due poli intorno ai quali si è sviluppata l’organizzazione del potere sulla vita”, ci ritroviamo intrappolatati in un circolo vizioso di azioni che ci conducono ad abitare il nostro corpo come fosse incompleto senza l’ausilio di prodotti e preparati che ci ‘ripuliscono‘ dalla nostra umanità.
E dunque, come il già citato Foucault sosteneva, dato che “la vecchia potenza in cui si simbolizzava il potere sovrano è ora ricoperta accuratamente dall’amministrazione dei corpi e dalla gestione calcolatrice della vita”, pratiche come l’igiene personale e la cura del proprio corpo sono state rapidamente tirate fuori dalla cosiddetta ‘sfera privata’ e trasformate in severe norme dalle quali dipendono l’inclusione e/o l’esclusione sociale. Basti pensare alla sessualità, che è il campo in cui queste norme hanno trovato maggior aderenza ed il cui svolgimento è regolato da rigide prescrizioni e vigilato da specifiche precauzioni.

In The sick rose si assiste al progressivo disfacimento fisico e morale di una donna che, abituata a percepire il suo stesso corpo come fosse un perfetto congegno elettronico da programmare e modificare a suo piacimento, si ammala della paura di ammalarsi.
La barriera che interpone tra se stessa e il mondo esterno si sgretola di fronte all’evidenza
della caducità e della finitezza della propria esistenza e tutte le pratiche di disinfezione che quotidianamente infligge al suo corpo le si ripercuotono contro, scatenando una serie di conseguenze inaspettate.
La donna sopravvive, costruendosi un’identità fittizia attraverso cui nega la propria corporeità (il suo essere capace di produrre una vasta quantità di fluidi corporali, i suoi limiti fisici, l’essere sottoposta a leggi ‘naturali’) e anestetizza i propri sensi .
La donna sopravvive, ma non a lungo: nella rosa alberga un verme che contamina il suo profumo, che distrugge la sua bellezza, che spezza le sue radici.

THE SICK ROSE

We live in disinfected, sterilized, deodorized and anesthetized bodies.
Everyday, or many times in a day, we subject ourselves to treatments that try to neutralize odours that our glands secrete naturally but that for us, contemporary men, have become disgusting and nauseating.
Everyday we protect our bodies from the contamination of the external world assuming behaviours and substances able to preserve our physical integrity and reducing our contacts with external bodies.
Although vaccines promise us blessed immunities and painkillers break out our habit to suffering, our bodies are still fragile and complex organisms that fight perpetually against sickness, dirtiness, decomposition, death.
Because, as M. Foucault affirmed, “body discipline and population control are the two poles around which the organization of power on life has developed itself“, we are entrapped in a vicious cycle that leads us to live our body as if it would be incomplete without the help of products and preparations that ‘clean us up’ by our humanity.
So, as the already mentioned Foucault asserted, as “the old power that symbolized sovereign authority is now accurately covered by body administration and by the calculating life management” practises as personal hygiene and body care have been quickly removed by the ‘private sphere’ and transformed into strict rules from which depend social inclusion and/or exclusion. Sexuality, for example, is the field in which these rules have found a big adherence, a field ruled by rigid prescriptions and monitored by specific precautions.
In The Sick Rose we participate in the progressive physical and moral decadence of a woman that, used to perceive her body as a perfect electronic device to control and to programme, gets sick because of the fear to get sick.
The barrier that she places between herself and the external world crumbles, faced with the evidence of the transience of her existence and all the disinfection practises that she daily inflicts to her body have effects against her, causing several unexpected consequences.
The woman survives, building a fake identity through which she denies her corporeality (her capability to produce corporeal fluids, her physical limits, her being subjected to ‘natural laws’) and anesthetizes her senses.
The woman survives, but not for a long time: into the rose lives a worm that contaminates her perfume, destroys her beauty, breaks her roots.

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